Giacomo Borella – Sopralluoghi metropolitani –Corsera/Milano 3 ottobre 2004
PROGETTI AD EFFETTO E
ARCHITETTURA SPETTACOLO
Una delle molte questioni che pone la mostra dei progetti partecipanti alla gara per l’area Fiera (“Un nuovo centro per Milano”, alla Triennale fino al 21 ottobre) è quella dell’architettura-spettacolo, una formula che ha un po’ lo stesso limite di quella del talk show: le peggiori baggianate e i pensieri più seri si mescolano e si confondono in un unico, indistinto, ottimistico brusio. Il rischio di finire per premiare le proposte più ammiccanti e veloci, spesso a discapito di quelle più profonde e riflessive, in queste gare-evento supermediatizzate e sovraccaricate da un piatto finanziario particolarmente ricco, aumenta a dismisura: il marketing, le strategie per la cattura del consenso, diventano il materiale stesso con il quale le architetture sono costruite, il medium diventa “mcluhanamente” il messaggio. Anche per l’area Fiera, come già molte altre volte, sembrano aver vinto i progettisti che sono stati più capaci di introiettare le regole del marketing e di derivare da esse l’intera proposta.
Il progetto di Hadid, Libeskind, Isozaki e Maggiora è infatti soprattutto questo: il packaging di tre forme intriganti e facilmente memorizzabili, che si possano assimilare in fretta, e che anche al solo colpo d’occhio comunichino un’immagine di scintillante benessere praticamente onnipotente (di cos’altro sembra volerci parlare il grattacielo incurvato di Libeskind, se non delle illimitate capacità della tecnica e della finanza ?).
In questo senso, la capacità simbolica del progetto va ben oltre la generica emblematicità richiesta come requisito indispensabile per le proposte dall’ente banditore: è la letterale incarnazione dei principi del marketing in un’intera nuova parte di città, la trasfigurazione in chiave monumentale di quella che sempre più chiaramente ci appare la vera filosofia del nostro tempo.