a cura di Antonio Borghi
Intervista
a Gigi Mazza in AL mensile di
informazione degli Architetti Lombardi
n. 3 marzo 2006, pp. 30-31
Nel
gennaio del 2001 è stato pubblicato il Documento di Inquadramento delle
Politiche urbanistiche comunali intitolato Ricostruire la Gran de
Milano, Che bilancio si può fare di questa esperienza a distanza di cinque
anni?
Un bilancio si può fare solo in funzione
delle attese. Se le attese fossero state quelle di un ritorno ai modelli di
pianificazione tradizionali, direi che il bilancio è positivo. Infatti ci sono
molte pressioni, anche inconsapevoli, per un ritorno al passato, al punto che
la nuova legge regionale fa motti passi indietro rispetto alle leggi
precedenti. La Regione Lombardia era stata molto innovativa con la Legge 9/99 e
con l'istituzione del Piano dei servizi. La nuova legge (L.R.12/05) tenta di
essere esauriente, ma rivela idee poco chiare su che cosa sia un sistema di
pianificazione e quali siano le differenze tra strategie e regole. Si
introducono molti nuovi concetti, ma non è chiara la filosofia di fondo per cui
il dato di maggior rilievo sono i molti passi indietro.
E rispetto agli obiettivi specifici
fissati dal Documento a che punto siamo? "
Non c'è alcun dubbio che gli obiettivi
strategici siano stati ignorati e che in questi ultimi anni sia venuta meno una
qualunque visione strategica. Milano ha continuato ad essere introversa, a guardare solo al centro, e non si
è impostata una strategia a favore della regione urbana come invece è
indispensabile. Le uniche eccezioni di rilievo all'introversione milanese sono
state la nuova Fiera a Rho e in qualche misura, Santa Giulia. La Fiera a Rho è
un'operazione indubbiamente interessante e che va nella direzione giusta.
Volendo esprimere un giudizio puramente tecnico, c'è da chiedersi se non
sarebbe stato meglio trovare una collocazione più agganciata alla Malpensa,
anche se non è possibile dimenticare i problemi posti dal parco del Ticino. Ma non appena si fanno considerazioni
del genere ci ricordiamo di essere in Italia e cioè in un paese dove non si
pianifica nulla per cui immagino che un dirigente della Fiera, di fronte alle
mie obiezioni trasalirebbe: "Ma lei sta scherzando? Perché avremmo dovuto
andare vicino a Malpensa senza sapere se quello sarà lo hub internazionale
che era stato annunciato oppure l'aeroporto quasi declassato di oggi?".
Cosa pensa del progetto di riconversione del recinto storico
della Fiera?
Il progetto pone una
serie di questioni perché se da un lato è legittimo che la Fiera abbia
sostenuto la realizzazione della nuova sede con una speculazione finanziaria
sulla sede storica, dall'altro bisogna chiedersi quale fosse la soglia da non
superare in questa speculazione. Non è facile dare una risposta a questo
interrogativo, perché le nostre capacità di valutazione sono modeste, ma la mia
convinzione è che su quell'area si sia accumulata troppa volumetria e sono
preoccupato dalle dimensioni degli edifici progettati. Non mi riferisco tanto
alle torri che, aldilà di ogni giudizio estetico, svetteranno al centro senza
troppe relazioni con l'intorno, quanto piuttosto agli edifici alla base, della
cui consistenza non credo che tutti si siano resi conto. L'altezza di questi
edifici è stata elevata nell'ultima revisione del progetto per aumentare la
superficie verde, a mio parere senza un vantaggio effettivo, poiché è probabile
che in quel verde di sole se ne veda poco e che rimanga molto sacrificato
all'interno di canyon edificati. Credo che su questi temi la professione
dovrebbe mostrarsi più competente e esercitare un maggiore controllo.
insediamenti...
Riguardo al
traffico le cose che sappiamo sono ancora poche per condizionare le scelte
localizzative o meglio, se volessimo tener conto di quello che sappiamo, dovremmo
decidere che a Milano non si fa più nulla e se qualcosa lo si deve costruire lo
si deve fare oltre i margini della città. Il problema del traffico è aggravato
dalla debolezza della nostra cultura tecnica per cui in cinque anni di lavoro
non sono riuscito a ottenere che si facesse un'indagine seria sui grandi
attrattori in modo da capire quale beneficio avremmo se alcuni di questi si
trasferissero all'esterno della città. Una seria strategia di rilocalizzazione
non può prescindere da una chiara politica dei trasporti, che a Milano è una
chimera. Basta guardare le linee per i pendolari: sia le Ferrovie Nord che le
FS sono una vergogna e consumano percorsi di poche decine di chilometri in
tempi biblici con ritardi e disagi sistematici. In fondo Milano è una piccola
città con un hinterland molto attraente che potrebbe diventare una
splendi- da regione urbana definita da una pendolarità di trenta-quaranta
minuti. Questo sistema urbano potrebbe tranquillamente includere Pavia,
Vigevano e Novara, fino ad arrivare a Lecco con una varietà urbana e paesistica
veramente straordinaria. Tutto lo spazio tra Milano e Lecco potrebbe essere il
luogo del rinnovamento di Milano.
Era questa
la visione strategica del Documento di Inquadramento del 2001 ?
La strategia del documento era quella di
selezionare i progetti per Milano e trasferire all’esterno nuove funzioni
qualificanti, in modo da abitare tutti in modo più confortevole. Questa è a mio
avviso la cosa da fare per recuperare a Milano condizioni ambientali decorose.
Risolvere il problema della casa a Milano oggi è impossibile e temo che sarebbe
difficile farlo anche coinvolgendo le prime due cinture di Comuni. Bisogna
avere il coraggio di guardare oltre, anche perché i Comuni intorno a Milano, se
non sono già sovraffollati, hanno ormai trovato un loro equilibrio spaziale e
sociale, e non sono più disponibili a ricevere localizzazioni che forse fino a
qualche anno fa avrebbero accolto con grande entusiasmo. Oggi difendono la
qualità della vita che hanno raggiunto, quindi il salto deve essere per forza
più lungo. Io non vedo né in Comune né in Provincia una politica della mobilità
con questi orientamenti e forse sono o nemmeno le sedi più adatte, perché
quello di cui abbiamo bisogno è una politica della mobilità di scala regionale.
Una seria politica della mobilità è un presupposto senza il quale qualsiasi tentativo
di pianificazione strategica diventa una perdita di tempo. Oggi continuiamo a
mettere delle pezze o peggio a fare degli errori, aggiungendo funzioni dove non
ce ne sarebbe bisogno rendendo questa città sempre più congestionata, sempre
più difficile da vivere e sempre meno competitiva.