Comune di Milano – Consiglio di Zona 8

              

                                                                                                                                 Milano,  14 luglio 2005

 

MOZIONE URGENTE

 

 

OGGETTO: Programma Integrato di Intervento per la riqualificazione dell’area Fiera Milano

 

 

 

La trasformazione e riqualificazione dell’area della Fiera di Milano rappresenta, per la nostra città, una delle più grandi operazioni urbanistiche del dopoguerra. E’, o dovrebbe essere, un’opportunità straordinaria per ridisegnare un’area strategica secondo quegli obiettivi che, in tutte le moderne aree metropolitane, costituiscono i veri elementi di qualità di un progetto di riqualificazione urbana: decongestionamento del traffico, maggiore vivibilità per i residenti vecchi e nuovi, potenziamento della mobilità sui mezzi di trasporto pubblici, riduzione del carico ambientale generale e dell’inquinamento atmosferico in particolare.

         Fino agli anni Settanta, in una fase di espansione urbana con disponibilità ancora significative di territorio edificabile, il criterio primario di un’amministrazione cittadina nel valutare un progetto urbano era legato all’incameramento più alto possibile di oneri di urbanizzazione, vero perno attorno al quale costruire politiche di sviluppo e di crescita della qualità complessiva del territorio (asili, scuole, strade, strutture pubbliche, ecc).

         Oggi, in contesti metropolitani saturi e a limitata capacità espansiva, le aree urbane più avanzate vengono di fatto “ricostruite” a pezzi (appunto, “riqualificate”) e gli “oneri di urbanizzazione” incamerabili dal comune assumono un peso relativo rispetto ad altri criteri discriminanti che rappresentano i nuovi bisogni emergenti (a differenza di trent’anni fa): per l’appunto, migliore qualità ambientale, migliore mobilità collettiva, miglioramento del sistema di trasporti pubblici urbani e metropolitani, riduzione del traffico, maggiore disponibilità di spazi pubblici fruibili.

Gli standard aggiuntivi, previsti dalla LR 9/’99 di disciplina dei Programmi Integrati di Intervento, appaiono gli strumenti più adatti alla restituzione alla città di parte dei benefici economici derivanti ai soggetti proponenti.

Tali standard aggiuntivi, in termini di servizi, attrezzature pubbliche o infrastrutture, non sono definiti in questo progetto, anche in considerazione dell’assenza di un chiaro sfondo di riferimento che avrebbe dovuto aversi nel Piano dei Servizi, tuttora non approvato.

In ogni caso è mancata una regia pubblica nel definire servizi ed infrastrutture pubblici adeguati alla scala ed all’indice di edificabilità del PII.

         Questo non significa automaticamente che la città debba rimanere “ingessata” e che non siano possibili trasformazioni, anche radicali, dell’edificato e delle sue funzioni; significa semplicemente che tale proposta di trasformazione, in una città amministrata in modo civile, non può più essere valutata a prescindere dalle conseguenze irreversibili che avrà sul contesto urbano nel quale si colloca; significa che (indipendentemente dall’indice di edificabilità) non è concepibile prevedere nuove funzioni terziarie e residenziali senza aver preventivamente affrontato e risolto il problema della loro accessibilità attraverso le linee di forza del trasporto pubblico (non attraverso studi teorici rivolti a un possibile e remoto futuro, bensì materialmente e contestualmente alla realizzazione del progetto, in modo vincolante).

         Senza entrare nel merito della qualità estetica ed architettonica del lavoro che si è aggiudicato la gara internazionale bandita dalla Fondazione Fiera per la vendita e la riqualificazione dell’area Fiera Milano (anche perchè non sono stati quelli estetici gli elementi discriminanti per la scelta finale, bensì la capacità di offerta finanziaria - 523 milioni di Euro - garantita alla Fondazione Fiera dalla cordata di imprese denominata CityLife), riteniamo che non solo il progetto ma l’intero iter che ha condotto a questa proposta di riqualificazione dell’area Fiera Milano costituisca, in realtà, un esempio di profonda “dequalificazione” urbanistica complessiva, per le ragioni che di seguito sintetizziamo:

 

         a) il ruolo subordinato dell’Amministrazione comunale e del Consiglio comunale di Milano. Fondazione Fiera ha deciso e concluso l’intera procedura che ha portato alla scelta finale del progetto per il Programma Integrato di Intervento. E tale scelta – comprensibilmente - è stata assunta sulla base del mero calcolo economico. Le ragioni dell’urbanistica, del governo del territorio urbano nel suo complesso, sono state semplicemente estromesse. Ciò in conseguenza di una precisa scelta politica, praticata dall’amministrazione comunale dal 1997 ad oggi, finalizzata a lasciar mani libere ai privati rinunciando a qualunque forma di governo e di piano delle regole per l’uso del territorio. L’Amministrazione comunale interviene a posteriori, a scelte già assunte (dai privati), attraverso una serie di interventi onerosi (pagati con denaro pubblico) destinati a limitare il danno.

         Da questa assenza di ruolo delle istituzioni pubbliche nel governo dei processi decisionali di trasformazione del territorio, derivano due conseguenze immediate: un vulnus di democrazia (con l’esautoramento della funzione del controllo pubblico da parte degli organismi elettivi) e, parallelamente, un aggravio incontrollato di costi (economici, sociali, ambientali) a carico della collettività come conseguenza di trasformazioni irreversibili del territorio.

         Come se non bastasse, per il P.I.I. in oggetto, l’Amministrazione comunale ha previsto un indice di edificabilità territoriale pari a 1,15 mq. di s.l.p. per mq (a differenza degli altri P.I.I. già approvati dal Comune, che hanno un indice di edificabilità territoriale di 0,65 mq/mq)

 

         b) Il nuovo quartiere che sorgerà al posto dell’attuale recinto fieristico, in una zona centrale e con indici di edificabilità particolarmente elevati, presenterà una molteplicità di funzioni (residenza e terziario) che aumenteranno, anziché diminuire, i problemi di mobilità e congestionamento dell’area, come dimostrano peraltro gli studi compiuti dal settore traffico del Comune di Milano.          Una conseguenza diretta dell’indice adottato si traduce nelle contestualizzazione dei fabbricati previsti, non tanto e non solo i tre grattacieli, quanto piuttosto per gli edifici residenziali di oltre 15 piani, che appaiono decisamente fuori scala rispetto all’impianto monumentale prevalente degli edifici residenziali che caratterizzano l’intorno urbano.

         Ora: la “sostenibilità” ambientale di un progetto di riqualificazione, in un’area densamente urbanizzata e congestionata come quella della zona Fiera, è legata alla capacità di modificare il rapporto di utilizzo della modalità di trasporto auto/mezzo pubblico per rispondere alla crescente domanda di mobilità generata dal nuovo insediamento. E questo indipendentemente dalla realizzazione, al suo interno, di giardini, finti canali ed “aree ecologiche” che costituiscono elementi di arredo e contorno estetico secondari, rispetto al principale problema posto dal progetto CityLife: come rispondere all’aumento di domanda di mobilità generato dalla riqualificazione del quartiere.

         La concentrazione delle volumetrie previste dal P.I.I. nel vecchio recinto fieristico potrebbe costituire un momento di importante e aperta discussione, senza posizioni pregiudiziali, se nel programma fossero incluse opere  – da realizzarsi contestualmente ai nuovi edifici – finalizzate al potenziamento del sistema del trasporto pubblico: un nuovo tronco della linea di trasporto sotterraneo su ferro (come ad esempio, il 2° Passante Ferroviario, il cui tracciato già previsto in corrispondenza del sedime del vecchio recinto fieristico dal Piano Urbano della Mobilità, non è stato minimamente tenuto in considerazione dal PII stesso. Tali interventi infrastrutturali avrebbero dovuto raccordarsi poi ad una ridefinizione della rete e delle fermate dei mezzi di superficie con nuove corsie riservate ai mezzi di trasporto pubblico. E’ in questo modo che anche un piano urbano di iniziativa privata può diventare, oltre che occasione di profitto per alcuni, un’opportunità per la città nel suo complesso. Avviene così, in tutti i maggiori contesti europei caratterizzati da grande dinamismo del mercato immobiliare ma anche, e non è pensabile altrimenti, da un ruolo forte dell’attore pubblico.

         Ma di questi elementi non vi è traccia alcuna nel progetto. Viene spiegato dai progettisti di CityLife che le auto “viaggeranno sotto” la superficie del nuovo quartiere attraverso un reticolo di accessi al sistema di parcheggi sotterranei (circa 10.000 posti auto): ma i modi, i tempi e i percorsi attraverso i quali queste auto arriveranno e partiranno dalla zona, e quali conseguenze tutto questo avrà sulla città nel suo complesso, è problema che non riguarda Fondazione Fiera e CityLife. Riguarderebbe – dovrebbe riguardare – un’amministrazione urbana in un Paese civile.          Apprendiamo che è allo studio un eventuale possibilità di trasformare, in futuro, la tranvia Axum-Garibaldi – ancora inesistente – in una linea metropolitana. Quando, con quali soldi? Nessuno lo sa, e non sono problemi di Fondazione Fiera e CityLife, ovviamente.

         Di fatto, l’unica opera infrastrutturale considerata è il prolungamento del previsto nuovo sottopasso dallo snodo Kennedy/De Gasperi, un sistema di accessibilità alla zona della Fiera pensato esclusivamente in termini di mobilità privata.

        

 

         c) A cascata, da questa fondamentale scelta politica dell’Amministrazione comunale di rinunciare ad esercitare normali funzioni di governo del territorio, discendono una serie di altre problematiche che aggravano un quadro già irrimediabilmente compromesso: il rapporto delle diverse altezze fra edifici esistenti e nuovi grattacieli, la fruibilità effettiva degli spazi verdi, la questione delle ombre, il sistema del verde non concentrato nella creazione di un vero nuovo parco urbano, bensì diffuso come elemento di arredo locale. E la discussione che resta aperta fra sviluppo orizzontale o verticale della città, fra armonizzazione dell’edificato esistente e nuovi grattacieli,  non è un modo per sviare il discorso dal vero problema: la sostenibilità di un progetto di riqualificazione nel contesto urbano nel quale si colloca. E il P.I.I. di CityLife ci sembra un progetto poco sostenibile, allo stato attuale.

 

Pertanto

riteniamo che il progetto di riqualificazione del quartiere fieristico di Milano debba necessariamente prevedere, come suoi elementi basilari:

-         un indice di edificabilità territoriale analogo a quello degli altri P.I.I. pari a 0,65 mq/mq;

-         la contestuale e vincolante realizzazione, nel piano lavori del P.I.I., di infrastrutture di trasporto pubblico su ferro a servizio del nuovo quartiere e a beneficio dell’intera città, anche attraverso un aumento degli oneri di urbanizzazione previsti;

-         un maggior compattamento e aumento del sistema del verde previsto, in modo tale da renderlo meno ”elemento di arredo” a servizio solo dei nuovi edifici e maggiormente fruibile come nuovo “polmone verde” a beneficio dei cittadini.

 

 

 

 

DEMOCRATICI DI SINISTRA

 

LIBERTA’ E’ DEMOCRAZIA – LA MARGHERITA

 

RIFONDAZIONE COMUNISTA

 

VERDI ARANCIA                  

 

ITALIA DEI VALORI         

 

MIRACOLO A MILANO