Giorgio Ragazzi
14.4.05
Perché tanti soldi alla Fondazione Fiera Milano?
La Fondazione Fiera Milano è una fondazione di diritto privato, gestita da 26 consiglieri nominati da Regione, Provincia, Comune e associazioni di categoria. Possiede il 56% della Fiera Milano Spa, società quotata in borsa che gestisce le fiere.
Pur essendo un soggetto di diritto privato, non v’è dubbio la Fondazione abbia dei doveri particolari di riconoscenza verso la città di Milano: basti ricordare che il terreno della “vecchia Fiera” fu originariamente donato all’Ente Fiera proprio dal Comune di Milano. Anche per questo, l’area di trasformazione, quella sulla quale sorgerà il nuovo quartiere, (255 mila mq sul totale di 440 mila) era contabilizzata sui libri della Fondazione a 16 mn di euro: la cessione a CityLife per 523 mn genererebbe quindi una plusvalenza di oltre 500 mn. La Fondazione stima poi di avere una plusvalenza di altri 240 mn (da perizia prudenziale) sulla parte di terreno (e padiglioni) della “vecchia fiera” che resteranno di sua proprietà.
Si dice che la Fondazione abbia bisogno della somma offerta da CityLife per finanziare il nuovo polo di Rho-Pero. Ma questo non è assolutamente vero: vediamo perché.
Il costo del nuovo Polo è stimato in 750 mn, compreso l’acquisto delle aree, e la Fondazione ha già ottenuto ampie linee di credito. Il nuovo polo verrà affittato alla Fiera Milano spa (quella quotata il borsa) ad un canone già stabilito, pari al 6% del costo totale (cioè circa 45 mn). Ai tassi d’interesse attuali, con una rata del 6% ed un rimborso su 20 anni si può ripagare un mutuo pari all’80%: in teoria dunque il nuovo polo potrebbe essere finanziato dalla Fondazione “mettendo” solo 150 mn (il 20%) di fondi propri, ed utilizzando l’affitto per rimborsare il muto.
Si potrebbe obiettare che 20 anni sono troppi, o che i tassi potrebbero salire e che quindi 150 milioni siano insufficienti. Ammettiamo pure. Ma la Fondazione incassa anche altre rilevanti somme dalla Fiera Milano spa: oltre ai dividendi, circa 12 mn l’anno per l’uso di marchi e 33 mn per l’affitto della “vecchia fiera”. Anche se quest’ultimo ovviamente si ridurrà in proporzione dell’area ceduta, resta pur sempre che la Fondazione avrà ricavi certi più che sufficienti a finanziare il nuovo polo con un muto dell’80%.
Nel piano finanziario originale, ci dicono che la Fondazione facesse conto, per finanziare il nuovo polo, di incassare circa 200-250 mn dalla cessione dell’area del vecchio polo.
La Fondazione è già molto “ricca”: ha un capitale proprio di 315 milioni di euro, e rilevanti plusvalenze potenziali, come quella sulla sua partecipazione in Fiera Milano Spa, che agli attuali prezzi di borsa vale 160 mn più del valore contabile iscritto a bilancio, oltre a quelle sugli immobili ed altre.
Perché mai, allora, questa Fondazione si comporta come un qualunque immobiliarista privato, cerca in ogni modo di massimizzare il profitto anche a costo di affogare il nostro quartiere con una volumetria abnorme?
Fa senso mettere tanti fondi a disposizione di una Fondazione di diritto privato, che non persegue scopi precisi di pubblica utilità, gestita da consiglieri largamente scelti per nomina politica che non debbono rispondere ad azionisti? Cosa farà poi mai la Fondazione in futuro con tanti fondi in esubero? Andrà ad investire in Cina o in Sud America?
Anche la fiera di Monaco ha recentemente lasciato la propria sede storica, 110 mila mq nel cuore della città, per trasferirsi in uno spazio più ampio, in periferia. Ma in quel caso la Fiera ha restituito alla città il terreno che aveva ricevuto, e questo è stato destinato a museo, edilizia convenzionata e verde pubblico. Non chiediamo tanto, ma almeno un ragionevole equilibrio tra civiltà e profitto. Questo è appunto il tema del convegno del 16 aprile.